Cosa dice a noi una ventenne del 1943?
Sophie Scholl, suo fratello Hans e gli altri giovani della Rosa Bianca possono essere relegati al ruolo di eroi, belle statuine di un passato ormai distante. Oppure possiamo fare come Maddalena e Chiara che ormai 3 anni fa hanno preso lettere e diari di Sophie e si sono immaginate un fumetto in cui dialogavano con se lei come fosse un’amica, una coetanea, una di noi… Qualche giorno fa, con 17 giovani in servizio civile ci abbiamo riprovato e sono emerse delle risonanze utili al nostro presente.
L’impegno di Sophie non nasce dal nulla: si era accorta dei diversamente abili uccisi dai nazisti perché aveva letto le prediche di von Galen; si era resa conto di ciò che avveniva al fronte perché aveva ascoltato i suoi amici soldati; aveva notato le stonature di un regime perfetto guardando oltre le marce e la propaganda. Come ha fatto? Dai suoi testi emerge che si era concessa il tempo per la lettura, per l’arte, per la musica e per la natura, per il silenzio e la preghiera. Sophie scriveva:
1. “Ascolto musica come condizione per tutto il resto: fa sussultare il cuore offuscato rendendolo tenero affinché lo spirito agisca nell’anima”;
2. “Ogni giorno faccio una passeggiata sulla via del rientro dal lavoro, da sola, tra i campi e le colline che riposano al crepuscolo: è molto bello e impedisce ogni pensiero negativo”;
3. “Continuo a leggere”;
4. “Se uno non riesce a lasciare i beni di questo mondo e ad amare la povertà allora questo periodo e gli anni che seguiranno porteranno non poche sofferenze”;
5. “Mi sforzo molto di mantenermi distaccata dagli influssi passeggeri”;
6. al fidanzato scriveva: “non ricadere nelle comodità, per non fare il pecorone, per non condurre una vita da borghese. Posso solo consigliarti di darti una mossa!”.
Raccogliendo questi spunti possiamo reinterpretare la vita di Sophie per essere noi a vivere “con cuore tenero e spirito saldo”. Ci siamo raccontati di essere molto stanchi: immersi in una società della performance; dovremo forse andare sempre più avanti come un soldato nazista in Russia? Ci siamo sentiti insicuri, pieni di sensi di colpa o di ansie da prestazione affondati in una cultura del consumo e dello scarto; saremo i prossimi fragili di cui fare a meno? Il pensiero di Sophie stimola forme di resistenza che possiamo inserire nelle nostre giornate.
- Leggendo, studiando, lavorando possiamo andare oltre la superficie: la vita non è scegliere tra un bianco o un nero; piuttosto è darsi il tempo di cogliere le sfumature, è concedersi di abitare il limite di un grigio, di una fragilità, di una nostra personale disabilità. Se accettassimo queste fratture, non saremmo violenti, non riproporremmo dinamiche di violenza.
- Possiamo ascoltare e condividere musica come uno spazio per ri-centrare noi stessi, come un modo di coltivare legami con il nostro passato e con gli altri, come un modo di uscire dal nostro contesto per rileggerne meglio i contorni.
- Possiamo scrivere un diario per tenere traccia delle nostre piccole scoperte, di come ci siamo accorti di quel fatto, di come abbiamo approfondito qualcosa di importante.
- Possiamo affrontare la paura di esprimerci perché non è vero che “tutto è già stato detto”, che “si è sempre fatto così” o che “tanto poi non cambierà nulla”- la nostra opinione è importante, vale, è parte di un processo democratico che parte da me e arriva al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite.
- Possiamo tenere un tempo libero da ogni pressione sociale, da un’agenda fitta, da un elenco infinito di cose da fare: l’arte, l’immersione nella natura o nel disagio di un lungo silenzio, la contemplazione sono forme di resistenza.
Sophie ha vissuto a suo modo queste cose e si è ritrovata a lanciare dei volantini dalla balaustra dell’Università di Monaco. Forse per questo può essere una nostra sorella più piccola: quella fastidiosa che è come la nostra “cattiva coscienza” perché ci ama e ci vuole liberi davvero.
Sì, “la Rosa Bianca non ci lascerà in pace”.
Giorgio Romagnoni
disegnatore, attivista, formatore SCUP
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